lunedì 24 dicembre 2007

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    BUON NATALE!                  


             
P.S.
Oggi ho riscontrato dei
problemi  con l'anti spam. Sto pubblicando  tutti i messaggi che
vengono erroneamente inseriti in quella categoria. Mi scuso per la
situazione. Tra i desideri che esprimerò questa sera metto la
risoluzione del problema. :-)


sabato 22 dicembre 2007

Natale -3

Spira un vento freddo. Il cielo è
grigio. Dicono che tra poco nevicherà. Possibile? Forse, così eccomi impegnata negli
ultimi acquisti. Avevo provato ieri, quasi subito scoraggiata dalle file e dalla
carenza di idee. Oggi posso contare su più tempo e, spero, maggiore fortuna.


Scendo a una fermata semicentrale. Passanti in
giro: pochi. Alcuni operai sistemano le ultime decorazioni. Dal soffitto pende,
al contrario, un albero riccamente addobbato. Perfetto, se non fosse per il
verso.


Entro in una libreria. Lì, più
che altrove si è investiti dall’effetto Natale. Persone di tutte le età, fatica
negli spostamenti. Alla cassa una fila, acuita dall’operazione pacchetti. C’è chi si dirige sicuro verso il proprio
obiettivo e dopo averlo conquistato riparte pronto a nuove missioni. Altri  un po’ spaesati si guardano intorno. Ripassano
mentalmente il destinatario del dono sperando in un illuminazione oppure
iniziano, freneticamente, a prendere in mano ciò che capita loro a tiro e
quando individuano una commessa la sequestrano pensando di aver trovato la soluzione.


Prima curioso per diletto poi inizio anch’io a
cercare seriamente.
Il ballottaggio è ristretto a due libri. Li sfoglio, inizio a leggere qualche riga
sperando in un segnale. Infine la scelta. Salgo al primo piano e ne trovo altri
due. Vado a vedere agende e calendari. Non
mi convincono. Mi dirigo alla cassa. Vengo attirata da un libro: Alice nel paese delle meraviglie. Provo
a guardare sotto, la continuazione non ho mai avuto modo di leggerla. Trovo Alice nello Specchio. L’ultima copia. E’
mia. Sorrido mentre aspetto il mio turno. Il mio regalo: tascabile, illustrato,
invito alla lettura che in questi mesi ho trascurato.

giovedì 13 dicembre 2007

Santiago, forse



Abitava da solo. Aveva
conquistato un appartamento al quarto piano di un vecchio stabile. Senza
ascensore. Ogni mese le rate del mutuo giungevano puntuali a ricordargli la sua
impresa. Tolte le spese gli rimaneva veramente poco. Qualche serata la
trascorreva con gli amici, le altre…


Le altre erano difficili da
impiegare. Aveva provato a guardare la
televisione. Era durata un paio di giorni. Tra sbadigli e voglia di essere altrove. 


Decise di fare una cosa che non
faceva più ormai da tempo.  Un giorno, uscito
prima del solito dal lavoro,  mise in
pratica il suo proposito. Il palazzo era vecchio, solido, uguale a come lo
ricordava.


I primi tre scalini e poi l’ingresso
un pò buio. Proseguì in un corridoio coperto fino al soffitto da scaffali...

martedì 11 dicembre 2007

Le parole rimangono indietro e le pagine nascono vuote.
Così si è consumata la mia assenza.


Il pensiero in questi giorni era a Torino  e lì è
rimasto.
Il dolore e la rabbia. La voglia
che qualcosa cambi, la paura che tutto resti uguale.

lunedì 3 dicembre 2007

Santiago prima

1
parte qui


Era un bambino perduto. Rincorreva l’Isola che non c’è. D’estate
gli sembrava più vicina. La prima terra oltre il mare. Peter Pan e Wendy. Non
ci aveva creduto abbastanza o forse era solo troppo piccolo, si stancava presto
e doveva tornare indietro. Gli restava la spiaggia su cui distendersi e
aspettare. Un segnale,  di esser ritrovato.


La caccia  al tesoro l'aveva  visto impegnato  con
i vicini di ombrellone.  Bandane  e spade  attaccate al costume,
si  muovevano  sulla  sabbia come  fosse cosa lora
gettando  scompiglio e scatenando le  proteste dei bagnanti. Molti
pomeriggi si erano conclusi in castigo ognuno per conto proprio o insieme a
cercar pace giocando a carte.


Poi fu la volta dell’esploratore alla ricerca di nuove terre, novello
Colombo, non voleva credere che oltre l’acqua tutto fosse conosciuto. Aveva
preparato  una serie di nomi da usare per le nuove isole e  i nuovi
arcipelaghi. Erano diventati cartina e poi scherzo in  una mattina
d’estate in cui non aveva voglia di studiare. Infine erano stati dimenticati.


Quel tempo pure era passato. Al mare tornava da solo o con qualche
amico. Ciò che gli era rimasta era la curiosità. Cosa c’è oltre. Ora lo
sapeva però gli piaceva giocare a immaginarlo: un pò diverso, un pò migliore.
Si sedeva in riva al mare e lasciava che l’acqua gli sfiorasse i piedi. Fosse
stato per lui avrebbe dormito lì,  avrebbe vissuto lì.
Aveva ventanni, ora non più.

mercoledì 28 novembre 2007

Santiago

Si chiamava
Santiago. Aveva scelto quel nome il giorno in cui aveva cambiato vita.


Abitava in
una cittadina del basso Piemonte. Il tempo  si muoveva al ritmo dei turni
in fabbrica: tre, pure la notte gli toccava fare. E non è che i giorni
fossero molto diversi l’uno dall’altro. Diventavano mesi e poi anni
lasciandolo sempre allo stesso punto.


D’estate il mare.
Bordighera la meta. Una settimana sempre. «Così tieni a bada le tue tonsille»


I genitori glielo
dicevano, le prime volte, con il tono solenne di chi sta somministrando una
medicina. Poi non ve ne fu più bisogno. Il bambinetto che era, si divertiva in
quella grossa vasca da bagno. Non si riusciva mai a regolare caldo e freddo, le
onde lo spostavano senza troppo riguardo però era bello. I genitori impararono
presto che il loro bambino teneva alle sue tonsille al punto da restare a mollo
ore e ore. Fino a che la pelle diventava squamosa e la madre, dopo averle
provate tutte, riusciva a cacciarlo fuori.


La lotta si
consumava ogni giorno.


«Fuori!»


«Non
prima..» La serie era lunga. «Non prima di aver toccato dieci volte la boa, non
prima di aver sfiorato il cielo nuotando a dorso, non prima di aver provato a
raggiunge la terra.» Quale? Dipendeva dagli anni...

domenica 25 novembre 2007

attesa

Gli uccelli non riuscivano a
stare in silenzio. Si muovevano inquieti per il cielo, oscuri testimoni della
battaglia che stava per aver luogo.


I soldati trascorrevano le
ultime ore pregando. Ricorrevano all'alcool e mettevano su carta i loro
pensieri. Il giorno che stava per nascere non poteva essere fermato. Due
schieramenti si dovevano fronteggiare. Molti uomini stavano per prendere
congedo.
Restava loro quel alba che li vedeva persi in mille pensieri, in
preoccupazioni che ne segnavano l'anima.


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domenica 18 novembre 2007

La Storia e la Memoria

Sabato mattina ho ascoltato la videoconferenza di Mario Rigoni Stern.  L’incontro dal titolo La
Storia e la Memoria
lo vedeva conversare con Paolo  Collo


Mario Rigoni Stern è un ragazzo
del ’21. Il suo primo ricordo legato alla guerra, la  Prima, è una bomba che trovò quando aveva due anni. Iniziò a
colpirla. La madre vedendolo con quel ordigno  svenne. Un parente gliela tolse di
mano. I colpi erano stati dati di lato, se avesse toccato la punta non avrebbe
potuto raccontarlo.


Molti suoi compaesani avevano
dovuto evacuare nel ’16. Dopo Caporetto si era dispersi per l’Italia e non
sempre erano stati  accolti bene. Il
paese durante la guerra era stato distrutto  dai bombardamenti. Lo scrittore era nato in
una delle prime case ricostruite. A quel epoca molte delle persone  che erano ritornate abitavano ancora in baracche. Il
municipio venne ricostruito negli anni ’20 e inaugurato dal  principe Umberto. Nel dopoguerra c’erano
ancora diversi prigionieri polacchi e slavi, nel loro paese d’origine non avevano
cibo. In Italia  recuperavano e seppellivano i cadaveri dei
soldati, raccoglievano le mine, i metalli, i resti della guerra.


Il metallo raccolto poteva essere
venduto così anche gli adulti e i bambini del paese a volte si dedicavano a cercarlo. Il rame valeva
di più, poi c’era la latta usata dagli austriaci, i metalli pesanti usati da
americani e inglesi.  Capitava, anche a
distanza di anni, di trovare i resti dei caduti. Italiani, austriaci, migliaia di
persone morirono su quelle montagne e molte non trovarono sepoltura. I bambini,
quando capitava loro di trovarne qualcuno, nel mentre che stavano giocando nei boschi, non si impressionavo più di tanto, faceva
parte anche quello della vita. Avvertivano i responsabili che procedevano poi a
seppellirli. Lo scrittore ricorda che quando era bambino non aveva bene la
coscienza della guerra che c’era stata.


 Caporetto
aveva rappresentato una
svolta anche nel modo di considerare i soldati. Dopo il 24 ottobre 1917
si
iniziò a trattarli come persone, dando loro un rancio migliore e
cercando di
non metterne in pericolo la loro vita inutilmente. Il bollettino di
guerra, pubblicato dopo Caporetto, descrive una sconfitta, le
responsabilità sono attribuite ai soldati. In realtà furono le
decisioni prese dal generale
Cadorna  a causare la disfatta. Il generale
non fu in grado di comprendere una guerra combattuta in maniera nuova,
senza
più le caratteristiche dei conflitti ottocenteschi. Ai soldati non
restò, in
quel frangente, che ritirarsi combattendo.


 Negli anni ’30 Mario Rigoni Stern
era un bravo sciatore. Nel 1938 si iscrisse alla scuola militare d'alpini smo di Aosta, voleva
diventare ufficiale. Molti suoi insegnanti avevano partecipato alla Grande
Guerra.


Lo scrittore ricorda che quando
iniziò la seconda guerra mondiale il rancio era ancora quello della prima.
Sulle scatolette era stampigliato 1918. Nella prima fase si era combattuto contro
la Francia. Gli italiani durante le azioni andavano a recuperare anche le gallette dolci, il miglior rancio
francese.


Rigoni Stern è uno dei reduci della ritirata
di Russia. Aveva combattuto, era stato promosso. Alla fine della guerra decise di abbandonare la carriera
militare. Molti
non erano tornati e certe volte lui aveva il rammarico di avercela fatta.


Lo scrittore ricorda
le visite all'amico Nuto Revelli, le passeggiate in montagna, nel cuneese.
L'incontro con l'ultimo abitante di una borgata impegnato, quando già
cadevano i primi fiocchi di neve, a togliere patate. Morto lui, non vi
fu più nessuno. Rimase una chiesa con la porta semiaperta e la cornetta
di un telefono che penzolava. Rigoni Stern parla di valli disastrate
ormai piegate da uno  spopolamento a cui diventava difficile porre
rimedio.
L'amore per la natura affiora nelle sue opere. Lo scrittore afferma l'importanza di curare i boschi che  pur non dando un
ritorno economico immediato sono necessari e, quando ben curati, utili
nel prevenire gli incendi.


A una platea composta
in buona parte da studenti  si rivolge  dicendo "Chi cerca un lavoro
non lo trova, chi sa fare ne trova tre"  Emerge l'importanza della fatica,
del conquistare le cose anche con sacrificio evitando di abbandonarsi a uno
sterile consumismo. Lo scrittore dice di avere fiducia nei giovani.
Si apre anche un piccolo dibattito con il pubblico in sala. Una signora
interviene parlando di uno zio disperso in Russia. Questa tragedia,
respirata in casa  fin da quando era  bambina, l'ha spinta a raccogliere
le testimonianze di chi è tornato. Pensa che la memoria passi
attraverso l'emozione. Un insegnante chiede come si farà a trasmettere
la memoria quando la generazione che ha vissuto quei fatti non ci sarà
più e mancherà anche la generazione successiva, quella dei figli. E'
importante ricordare per far sì, come diceva Primo Levi, che certi
fatti non si ripetano.  Leggere le testimonianze di chi quel periodo la
vissuto.


L'incontro finisce e
io mi sento un pò commossa, felice di aver potuto ascoltare e avere
nuovi spunti di riflessione. Fino a ieri non avevo letto alcun libro di
Mario Rigoni Stern. Ho pensato che era arrivato il momento di inziare.
Da quale? La scelta non è stata facile. Ho sfogliato libri più  e meno
noti. Leggendo  trame, osservando copertine, sono giunta a Le Stagioni di Giacomo. Mi sembrava la giusta continuazione di quanto avevo ascoltato o meglio: il giusto inizio.

Dritto al cuore, senza pietà

Megan aveva 13 anni, soffriva di
depressione. Da quando aveva incontrato Josh su MySpace era cambiata. Aveva un
amico. Era più serena. Il ragazzo le aveva detto che non aveva telefono e non
andava a scuola. Ogni giorno conversava con lui su internet. Poi un giorno Josh
le dice che non vuole più essere suo amico, ha saputo in giro che è una ragazza
crudele. Megan non è più serena. Lo spettro della solitudine, i messaggi
carichi di insulti, nei suoi confronti,  che iniziano a circolare su
internet   sono  un brutto colpo. Dopo poche ore Megan si
impicca nella sua camera. I genitori la ritrovano ormai prima di vita.


Si scopre, dopo qualche
settimana, che Josh non esiste. La madre di una compagna di scuola di Megan, la
figlia e un amica avevano creato il falso profilo su MySpace. Raccoglievano le
confidenze di Megan e le usavano per prenderla in giro. Queste donne non
verranno punite, non esiste una legge che può incriminarle.


Rimane la sensazione di un atto crudele. Una cattiveria gratuita realizzata giocando con la fragilità di un adolescente. Persone adulte hanno spento la coscienza e agito, dritto al
cuore, senza pietà.


Notizia tratta da tgcom

sabato 17 novembre 2007

Scrittorincittà 2007

Cuneo - Mi sto appassionando a questa manifestazione giunta alla
nona edizione.  A Cuneo dal 15 al 18 novembre.


2007 - In questo preciso momento da questo tema si parte per una serie
incontri, dibattiti in cui gli autori si confrontano e coinvolgono il pubblico
con riflessioni su temi d'attualità. Spesso diversi, complessi, in grado però
di arricchire per quella spinta che danno nel guardare, con occhi diversi, ciò
che ci circonda. Nel cercare la profondità.



Mi aggiro incuriosita nella libreria, pronta a conoscere nuovi autori, nuove
storie. Prendo in mano i libri, leggo le righe di copertina, poso, vado avanti
e a volte, capita, rimango conquistata.
il programma degli incontri qui

martedì 13 novembre 2007

Lo Stato è un gioco di squadra

La libertà deriva dalla
consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri. Gli uni e gli altri sono
importanti però, spesso, vengono ignorati.


Lo Stato è un gioco di squadra.
Ognuno ha un ruolo, una funzione da rispettare. Così si vincono le partite.
Quelle che si giocano in campo e le altre. Lo Stato perde. I cittadini perdono. Scontato.


Quando si  dimentica il proprio ruolo   si
subisce goal. La rete fatica a  contenere
tutti i palloni. Non c’ è portiere che può salvare il risultato se manca la
squadra.


Prima si perdono le partite. Poi i campionati. Infine si retrocede. Sempre
più in basso.


L’allenatore non riesce a dare le
giuste indicazioni, l’arbitro fatica a far rispettare le regole.


I cattivi giocatori non vanno in
panchina. Così chi è in campo subisce un’impunità capace di tagliar le gambe. Prevale
la sensazione che basta essere furbi. Il gioco è stravolto. Niente schemi,
niente obiettivi. Sul campo si corre a casaccio senza imbastire azioni.


Ha buon
gioco l’avversario nel giungere davanti alla porta e segnare. Non trova resistenza.


Poi ci si ferma. Moviole e contro
moviole a spiegare azioni, analizzare le intenzioni,  stuprare le emozioni. Per i rimedi manca il
tempo, la voglia.


Si riprende, palla al centro. Un po’ più insicuri,
un po’ più rassegnati. Ognuno perso nel proprio pezzo di campo. A ricordar
moviole e perdere partire. 


I diritti, senza i doveri, si
perdono nel deserto.

lunedì 12 novembre 2007

amianto: la vergogna

L’amianto è stato utilizzato fino
agli anni ottanta come materiale di edilizia, nelle tute dei vigili del fuoco, nelle auto e nella costruzione di
cartoni, plastica e corde. E’ un materiale nocivo per l’ uomo


In Italia, il suo impiego,
è fuori legge dal 1992.  Permangono  problemi legati al suo smaltimento. Segnalo il  blog di  Feowyn su Splinder.


post: Fermiamo la vergogna


Lì potete legggere una testimonianza riguardo i danni e la sofferenza causati dall’amianto e vedere un filmato nel quale
viene ricostruita la storia dell’Eternit, fabbrica, che per anni l’ha
prodotto. A Casale Monferrato i problemi
legati allo smaltimento dell’amianto non sono  stati del tutto risolti. Il veleno continua a essere respirato dai cittadini.


Non si deve sottovalutare il
problema. E' necessario parlarne, farlo conoscere. Spero che vengano realizzati interventi per far cessare il pericolo.


A Feowyn esprimo la mia solidarietà

domenica 11 novembre 2007

Il calcio va dove lo portano gli ultrà?

Questa mattina è  morto un  ragazzo, aveva 26 anni. Andava a vedere una partita di calcio.   E' stato colpito da
un proiettile sparato da un agente. Molte cose sono ancora da chiarire, il
Questore ha parlato di "un tragico errore". Fa impressione, addolora questa
notizia. Mancano le parole per commentarla. Veramente terribile.


Era necessario decidere se rinviare o meno la
giornata di campionato. Come fare per garantire la sicurezza negli stadi? Non
sono decisioni facili da prendere. Giocare o non giocare. La gente come
reagirà? In momenti come questo si ha l'impressione che ogni decisione sia
sbagliata.
Rinviata Inter-Lazio, le altre partite iniziano con 10  minuti di ritardo.
Striscioni prima al contrario poi ritirati in segno di rispetto.  Clima
irreale negli stadi.


Gli ultra' atalantini non volevano si giocasse la
partita, l'avevano detto ad alcuni giocatori della loro squadra. Poi dopo il
fischio di inizio si è scatenato l'inferno. Fumogeni, un gruppo di persone tenta
di sfondare  le protezioni a colpi di tombino, calci e pugni. Doni e un
altro giocatore provano a calmare i teppisti. Nulla da fare. Gli ultrà minacciano che se si continua
succederà qualcosa di grave. La partita viene sospesa.


Roma-Cagliari è stata rinviata  a
causa dell'alto rischio sicurezza. Non è bastato. Tifosi romanisti e laziali,
uniti nei loro propositi di distruzione, si sono dati appuntamento nei pressi
dello stadio Olimpico e poi si sono dispersi per la città. Hanno dato fuoco a una camionetta della
polizia, assaltato caserme, fatto irruzione nella sede del Coni.   La
giornata è stata scandita da notizie di pestaggi nei confronti di
forze dell'ordine, cameraman, fotografi. Violenza organizzata, insulti urlati e
una città presa in ostaggio. Questa era Roma poche ore fa.  A Milano, nel pomeriggio, cortei e slogan contro i
poliziotti.


I teppisti
hanno sfruttato la morte di Gabriele Sandri per dare avvio alla
violenza. Quasi a riaffermare l’idea che gli stadi siano  zone franche,
dove sfogare i più bassi istinti. Non può essere così. Non deve essere
così. E’
difficile e al contempo fondamentale contrastare questi comportamenti
incivili e pericolosi.


Si devono fare indagini su quanto
accaduto questa
mattina. Stabilire le responsabilità e adoperarsi perché tragedie come
quella di cui è stato vittima Gabriele Sandri non si  ripetano. La
morte di un
ragazzo di 26 anni è una sconfitta per tutti. Diventa importante
riflettere,
fare autocritica, non fomentare l’odio. Penso che solo con il rispetto
di persone, regole e istituzioni  si possa sperare di cambiare le cose.

lunedì 5 novembre 2007

L’ombra dei piloti si staglia
sulla pista.

L’ultima curva, l’inutile
frenata. Le loro storie si dipanano nelle sere d’inverno quando il silenzio
del luogo permette di tornare e rivivere quel giorno. Provano a
capirlo, a sentirsene parte in quelle sere d’inverno che anima viva non si
trova. E' troppo il freddo, troppi i cattivi pensieri che
attraversano la mente  quando l’asfalto è silenzioso e si è lì, pronti a
seguirne le trame, quasi a sfidarlo, cercando di carpirne il segreto. Non c’è
verso di capire in quelle sere oscure, non c’è verso di essere capiti.


Il giro più veloce era
l’obiettivo del sabato. Aspettare con gli occhi incollati allo schermo il
segnale e poi partire. Questione di secondi, anzi meno. Una frenata ritardata,
una curva disegnata con tocco d’artista e tutto sembrava possibile. Troppo si
rischiava in quei pochi chilometri. Il destino di una corsa. Non si poteva
sbagliare. Poi c’eran giorni che il conto era più alto e oltre a tutto il resto
si perdeva la vita.  Faceva parte del gioco e  davan mostra di non
pensarci i piloti che a correre ci andavan lo stesso e correre era il
modo, vincere il sogno. Il resto lo si lasciava fuori.

domenica 4 novembre 2007

Juve-Inter 1-1

Non ho voluto fare pronostici.
L'attesa si sentiva. Bastava aprire un giornale, ascoltare la tv. Bastava
pensare a cosa è successo in questi due anni. Non era una partita come le altre anche se farla rientrare nella norma sembrava la strategia più giusta. E'
importante però in fondo in gioco ci sono 3 punti come sempre.


Ma non era così. Diventava un modo per spiegare che gli scudetti 28 e 29 erano stati
conquistati, sul campo, dai giocatori più forti. Diventava un modo per spiegare che l'essere
squadra, avere carattere contano di più di una panchina di trenta giocatori. Si
l'attesa c'era, inutile negarlo. La speranza  e il timore, la
voglia   e l'intenzione.








La Juventus è scesa in campo
determinata a fermare le azioni dell'Inter e ripartire, pressava e impegnava gli avversari senza riuscire a creare occasioni concrete
sotto porta. Gli ultimi 5 minuti sono stati una doccia fredda. Prima Cruz poi
un'altra ghiotta occasione per i nerazzurri. Difficile il rientro negli
spogliatoi.19juve_inter_2


La ripresa è combattuta.
L'ingresso di Iaquinta e Camoranesi cambiano il ritmo della squadra. Migliora
la qualità del gioco. L'italoargentino diventa protagonista delle azioni bianconere. Segna il goal  capace di sciogliere la tensione.


Il pareggio è il risultato che
rispecchia maggiormente quanto visto in campo. Non condivido i fischi a Ibra.
Penso che abbia perso quando ha scelto l'Inter. Non ha voluto scommettere
sulla Juve e su quanto fatto nei due anni trascorsi insieme. Peccato.


Apprezzo molto  Camoranesi che
sente l'impegno di ricostruire la squadra e vuole provare a riportarla sui
livelli del 2006.
Mi piacciono il cuore, il carattere della Juventus. Vuol crederci sempre e io non la cambierei con nessuna.


BRAVI!!


foto tratta dal sito www.lastampa.it


sabato 3 novembre 2007

Non più qui

Mario sedeva su una panchina. «Io
di qui non mi muovo» Lo diceva senza cambiare tono, né alzare la voce, con una
convinzione che spiazzava chi gli stava accanto.


Vecchio di anni e di fatica.
Vecchio di un dolore che si portava appresso da quando il figlio era partito per la Russia.


 Si era alzato presto quel giorno.
La moglie l’aveva lasciata a casa. Quando arrivò alla stazione le banchine erano
già occupate da tante persone. Genitori, mogli e qualche bambino spaurito, ragazze che fissavano in uno sguardo il loro amore.
Attorniavano i giovani in divisa. Alcuni avevano l’aria di ragazzini imberbi,
altri sembravano più navigati. Non potevano conoscere il loro destino e spesso non conoscevano neppure
la loro meta. Parole ne erano scorse tante, quelle non costavano nulla. Onore,
dovere, la divisa indosso e pronti a partire. Pochi mesi e poi il ritorno. Questo era quello che dovevano sapere.


Mario si fece strada a fatica in
mezzo a quella marea umana. Iniziò a gridare il nome del figlio, chiedendo ai
soldati indicazioni su dove trovarlo. Finalmente lo vide. Si sporgeva da un
finestrino. Fece un cenno di saluto.
Il figlio, che di nome faceva Michele,  scese a terra. Si abbracciarono. In mezzo a quel rumore
riuscivano a stento  a sentire le loro
voci.


Gli diede il pacco che aveva
preparato la moglie. Qualche indumento e un po’ di cibo. Farà freddo meglio
cercare di essere preparati. Non è il caso di fare gli eroi. Scrivi. Torna.
Solo questo.
Michele provò a rassicurarlo. Non era la
prima volta partiva, erano un gruppo numeroso. Bisognava sperare.


Si abbracciarono ancora poi il ragazzo salì sul treno. C’era un ultimo momento ufficiale. Infine, la partenza.


Rimasero tutti lì anche dopo che
la tradotta era partita, fino a che l’ultimo vagone sparì alla loro vista. Il
fumo, uscito a sbuffi, era diventato una
nuvola confusa nel cielo.
Lentamente si mossero, ognuno accompagnato dai
suoi pensieri, dalle sue preoccupazioni.

venerdì 2 novembre 2007

Il tempo di un sorriso nato male, questa è stata la nostra felicità. Ora non rimane più nulla.
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giovedì 1 novembre 2007

Buon Compleanno Juve!!

La Juventus nasce il 1 novembre 1897 su una panchina di Corso Re Umberto, a Torino. E' la squadra del cuore.
Enrico Francesco Canfari, cofondatore e secondo presidente della Juventus scrisse:


« L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un
impasto di sentimenti, di educazione, di bohemien, di allegria e di affetto, di
fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare. »
wikipedia 


Ho pensato di fare un  un piccolo viaggio nel tempo. Vivere, per un attimo, l'emozione di una partita giocata nel mio paese.
Il 24 maggio 1929 la Juventus disputò un
amichevole a Dronero. Su Il Quotidiano, il giorno seguente, venne
pubblicata la cronaca dell'avvenimento:


"Il match
“Juventus,, - “Pro Dronero,,


La fiorente «Pro Dronero»
che per iniziative sportive batte il record provinciale, ha saputo ed ha voluto
col match di ieri, presentare agli amatori del gioco del calcio, una delle
migliori squadre di divisione nazionale, pressoché completa in tutti i suoi
ranghi.
Combi,
Rosetta, Caligaris, Cevenini, Orsi, e altri giocatori i cui nomi rifulgono in
ogni partita, hanno dato un gradito saggio della loro alta classe, emozionando
il pubblico accorso sul meraviglioso campo dei rossi.
Modeste
in confronto di tali maestri eran le pretese della giovane volenterosa squadra
dei diavoletti, che dal match vollero più che altro trarre un saggio
allenamento ed una fruttuosa lezione di giuoco dai simpatici campioni
nazionali. Ciò non ostante essi seppero opporre ai valenti avversari tutto il
miglior entusiasmo e la giovanile foga dei loro uomini ottenendone anche in
premio un goal di mirabile fattura nel secondo tempo.
Ne
è a dirsi che gli ospiti abbian fatto pura accademia.
Gli
striscioni bianco-neri, anche in amichevoli partite di allenamento sono usi a
dare ogni impegno al loro giuoco e di tale tattica qualcosa ne sa il buon
Combi, che passato nel secondo tempo a rinforzare la difesa rossa, ebbe a
parare e… a tentar di parare numerose cannonate sparate vuoi da Civenini o da
Orsi.
Mentre
nel primo tempo i rossi stentatamente riuscirono a frenare la foga dei
juventini tanto da insaccare cinque goals, la ripresa ci fece assistere ad un
gioco più equilibrato e contenuto.
Lo
scambio del portiere e l’inclusione  di
Maradi ad ala destra diede modo ai rossi di tener più sovente il pallone e
minacciare parecchie volte la rete bianco-nera; non solo, ma in una azione
veloce Maradi riusciva a salvare l’onore della giornata scaraventando con uno
dei suoi buoni tiri il pallone in porta.
Altri
2 goals furono invece segnati dai torinesi.
Ospiti
ed ospitanti , dal numeroso pubblico accorso da Cuneo e dagli altri centri
della provincia si ebbero frequenti applausi durante e a termine dell’interessante
match.
Finito
l’incontro la presidenza della «Pro Dronero», con la signorilità che la
distingue, offerse ai giocatori tutti una sontuosa cena, durante la quale
l’allegria non fece difetto, suffragata dal più simpatico cameratismo.
Alla frutta si brindò alle glorie sportive juventine e a quelle droneresi auspicando
per esse il più brillante avvenire."


Foto tratta da wikipedia   squadra  del campionato 1925 /1926220pxformacin_juventus_fc_192526

Non perdono la sofferenza, il dolore.
Non perdono la paura che si insinua nel vivere quotidiano e rende la prudenza una gabbia sempre più stretta.
No, io non li perdono

28102007

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martedì 30 ottobre 2007

Fa.Pe.In. : l'Inter aveva ragione

Il Fa.Pe.In. (Facciamo Perdere l'Inter) è esistito, ormai
non ci sono più dubbi.  Il famigerato
gruppo raccoglieva consensi trasversali nell’ambiente calcistico.  Nel motto: “Purché perda l’Inter” stava il
Inter
fulcro della sua missione. La sua ascesa è datata 1995. In quello stesso  anno Massimo Moratti diventa presidente dell’Inter.
Non è stato ancora appurato se vi sia un
legame tra i due fatti. Certo è che il gruppo raccoglieva sostenitori negli
ambienti più disparati. Arbitri, guardialinee, dirigenti, giocatori, pure
qualche tifoso. Tutti mossi dallo stesso, folle, desiderio: vedere l’Inter
sconfitta.


Il piano era ben congegnato al
punto che  per anni nessuno si è accorto
di nulla.  Poi, fortunatamente la verità
è venuta a galla, la diabolica trama è stata disciolta. 


Alla luce di quanto scoperto
appare più comprensibile ciò che accaduto in passato. I tanti anni di digiuno, in campionato, ora hanno trovato un perché. Così come si spiega il lungo valzer di allenatori sulla
panchina nerazzura. Qualcuno aveva prospettato il riutilizzo di Appiano Gentile
come set di Arrivi e Partenze.  Solo un abile mossa per demotivare l’ambiente
interista, nulla di più.


Quanto
inchiostro è stato speso in questi anni cercando di trovare spiegazione all'acquisto-flop
di molti giocatori interisti. Fior di campioni, che avevano dato prova di
grandi qualità, quando giungevano sulla sponda interista si trasformavano in
brocchi. Anche questo mistero è stato risolto. Erano tutti tesserati Fa.Pe.In. .  Grande è lo stupore per l'abilità di questo  gruppo, capace di introdurre i suoi affiliati all'interno della stesso compagine interista.


Il primo segnale del  nuovo corso è stato lo scudetto assegnato all'Inter nel 2006. La conferma nel campionato dell'anno scorso. La solitaria cavalcata nerazzura verso il titolo è la testimonianza migliore di quanto l'aria sia diventata pulita.


Dopo gli spiacevoli episodi di Napoli, il presidente nerazzurro è intervenuto per rassicurare gli amanti del calcio: «Certo, secca parecchio quando si viene
danneggiati, quindi capisco la Juventus. Però la cosa importante è che
non si veda dietro una trama, come c’era invece precedentemente».


Finchè l'Inter e in vetta i tifosi possono dormire sonni tranquilli.

lunedì 29 ottobre 2007

Cortina in Trentino Alto Adige? Forse, chissà..

Cortina ha compiuto il primo
passo. La consultazione referendaria ha avuto esito positivo. Superato il
quorum, 3847 persone si sono espresse per l'annessione della cittadina veneta
alla provincia autonoma di Bolzano. Dietro questa scelta, la voglia di unire le
popolazioni Ladine e  di accedere ai vantaggi  economici e fiscali
previsti per le regioni a statuto speciale. Luis
Durnwalder, presidente della provincia di Bolzano, citando un trattato
internazionale,  prospetta la possibilità di chiedere anche l'ok dell'Austria.
Galan afferma di volersi rivolgere
alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia Europea in caso di parere
positivo del consiglio provinciale di Bolzano all'annessione. 
Le regioni a statuto speciale possono contare su condizioni migliori  rispetto a quelle a statuto ordinario. Molti paesini posti
sul confine non disdegnerebbero di cambiare regione in nome di tradizioni,
cultura,  servizi migliori e  di maggiori opportunità. Chimere per chi è costretto a
operare con pochi fondi ed è posto ai margini di uno sviluppo dal quale si sente
escluso.

Lunga è la strada che Cortina deve ancora percorrere. Tante le discussioni che
hanno preso avvio dalla sua richiesta.
Il sindaco di Cortina afferma che il risultato  referendario  è
rappresentativo del  malessere della montagna. Chiede l'attuazione di
politiche di sviluppo  e invita alla collaborazione


In una situazione come questa penso sia necessario mantenere un dialogo tra le parti coinvolte e  fare autocritica rispetto alle scelte adottate in passato, provando a esaminare la situazione e a proporre nuove soluzioni.


Il "fenomeno" Cortina può essere una spinta importante nell'attuare cambiamenti,  progetti, nuove politiche in grado di favorire lo sviluppo di paesi che  sembrano destinati alla povertà e all'abbandono.


Non è cambiando regione che si risolvono i problemi anche se è facile pensarlo  fino a quando i cittadini non potranno godere delle stesse opportunità.


 


Par Par Lay Free

Par Par Lay  è un comico che
non ha mai smesso di fare il suo mestiere. Anche quando il silenzio diventava
angosciante e parlare, ridere diventava un motivo per essere perseguitato. Par
Par Lay è birmano, prelevato da casa il 25 settembre scorso. Homing
Pigeon
racconta la sua storia, fa riflettere,  lancia un appello per la sua liberazione.
Ora questo appello corre per la rete: liberate Par Par Lay.

domenica 28 ottobre 2007

Il Pescatore

All'ombra dell'ultimo sole

s'era assopito un pescatore

e aveva un solco lungo il viso

come una specie di sorriso.


Venne alla spiaggia un assassino

due occhi grandi da bambino

due occhi enormi di paura

eran gli specchi di un'avventura.


E chiese al vecchio dammi il pane

ho poco tempo e troppa fame

e chiese al vecchio dammi il vino

ho sete e sono un assassino.


Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno

non si guardò neppure intorno

ma versò il vino e spezzò il pane

per chi diceva ho sete e ho fame.


E fu il calore di un momento

poi via di nuovo verso il vento

davanti agli occhi ancora il sole

dietro alle spalle un pescatore.


Dietro alle spalle un pescatore

e la memoria è già dolore

è già il rimpianto di un aprile

giocato all'ombra di un cortile.


Vennero in sella due gendarmi

vennero in sella con le armi

chiesero al vecchio se lì vicino

fosse passato un assassino.


Ma all'ombra dell'ultimo sole

s'era assopito il pescatore

e aveva un solco lungo il viso

come una specie di sorriso

e aveva un solco lungo il viso

come una specie di sorriso.


Fabrizio De Andrè      



                           
Images
immagine tratta da:
www.torrevado.info

sabato 27 ottobre 2007

Napoli-Juventus 3-1

Il Napoli ha vinto ai tuffi, peccato si stesse giocando a calcio


- 2 rigori inesistenti


- ammonizione a Nocerino comminata a causa della simulazione di un giocatore napoletano già ammonito e che doveva essere espulso. Nocerino salterà la prossima partita.

venerdì 26 ottobre 2007

Grattacieli? No, grazie

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Il palazzo che si vede sullo
sfondo, deturpa un angolo di Piazza Castallo a Torino. Grande abbastanza per
non poter essere ignorato. Grande abbastanza per suonare come una nota stonata,
inutile.
Ogni volta che passo  in quella piazza e lo vedo, non riesco a frenare una
domanda: Perchè? Perchè   creare una costruzione tanto estranea
all'ambiente circostante?  Perchè così alta?  Risposte non ne ho
trovate.


Metri e metri di palazzo forse sono un modo
per rappresentare un benessere che a me sembra  effimero. Come se il
numero di grattaciali di una città potessero essere il segnale del suo
sviluppo. Credo più nel rispetto dell'ambiente, in uno sviluppo consapevole e
attento alla realtà nella quale viene realizzato, pensato nella prospettiva del
lungo periodo.


A me quel palazzo sembra brutto. Un inutile
sforzo.


Apprendo oggi la notizia che nella zona centrale di
Torino  si progetta la costruzione di un grattacielo
alto 180 metri, firmato Renzo
Piano. Si è già creato un comitato per il no, si teme l'oscuramento della Mole,
il cambiamento, radicale, che subirebbe il profilo della città.


Il palazzo,  voluto  da  Intesa-San Paolo, può rappresentare un
segno importante del loro prestigio, dei mezzi che hanno a disponizione. Può
essere un passo importante nella carriera di Renzo Piano, un modo per lanciarlo
ancora di più nella storia. E  poi?  Cosa può  fare per Torino
questo grattacielo? Cosa può dare alla città?  Credo poco, molto poco e
per questo spero con tutto il cuore che questo grattacielo rimanga sulla carta.
Vedere questo fotomontaggio mi dà i brividi.


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foto tratta da www.lastampa.it


Quel grattacielo oscura il simbolo di Torino

mercoledì 24 ottobre 2007

Ecco, quello

Non credo servano altre
parole.  Meglio il silenzio.


- Si, ma quale?


Quello
accompagnato da musica di sottofondo. Elegante,
soffice e sottile. Chiudi gli occhi, ti inondano le note e tu ti senti libero?


No, forse è
meglio  la natura. Sai, lascia così tante
possibilità. Vediamo un po’. Silenzio mescolato al vento che muove gli
alberi. Si possono ascoltare le cose più
strane. Tendi l’orecchio e il vento racconta.


Oppure, se
vuoi, le onde del mare. Tu non sai, quanto riempiono gli spazi le onde. Un
rumore uguale a se stesso ma che non stufa. Bei primi piani. Si, mi  sembra l'ideale. Ok?


No, guarda io pensavo a silenzio
e …. basta. Niente suoni, niente rumori. Niente di niente. Insomma una cosa così..


- Ah…ho capito. Quindi se..


Niente


- Neanche.. Sì, perché si potrebbe …. fare


Silenzio?


- Ecco, quello


(clicca sopra per ingrandire)


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domenica 21 ottobre 2007

Febbre da gran premio.

Attesa, pronostici. Un tifo che
non so dove indirizzare.


 Hamilton, Alonso (-4), Hakkinon
(-7). Sono loro a contendersi il trono, la vittoria del campionato di formula uno. Il gran premio brasiliano è l'ultimo della stagione, a lui toccherà esaudire
desideri e infrangere sogni.



Hamilton è il più giovane, il primo pilota di colore in formula uno,
il primo esordiente a salire su un podio, a vincere un gran premio e .. chissà.
Fila d'amore e d'accordo con Ron Dannis. E' stato la sorpresa. Il bravo ragazzo
a cui è facile affezionarsi.  Si è sbilanciato raccontando come intende
festeggiare in caso di vittoria, vuole imitare il suo  mito:Ayrton Senna.
La sua immagine nelle ultime settimane è stata messa in discussione a causa di
alcune decisioni dei commissari. Un treno di  gomme in più utilizzate in
prove libere, ha ostacolato Raikonen nel suo giro veloce e non ha subito
conseguenze.



Alonso è il compagno di squadra el'avversario più accanito. Campione del
mondo in carica. Cambiando squadra ha trovato, in casa, la concorrenza di
Hamilton. Certo non se lo aspettava e si è ritagliato presto, suo malgrado, il
ruolo di antipatico. Ormai separato in casa McLaren. Parla di loro come se lui
non facesse più parte della squadra. Il suo  futuro è incerto.



Hakkinen, Ferrari.  Ha ottenuto i risultati migliori sul finire
della stagione  macinando vittorie e buoni piazzamenti. Basterà? L'eredità
di Shumacher non è facile da gestire. Lui e Massa hanno messo in campo passione
e impegno. Nonostante le difficoltà con la macchina. Massa è in pole, a casa
sua, il massimo per un pilota.


 Che dire, pensavo di non seguire
più la formula 1, oggi invece mi trovo ad aspettare con curiosità l'avvio della corsa.
Per chi tifo?  Forse ora lo so, ma
lo scrivo dopo. Scaramantica anche in questo.

martedì 16 ottobre 2007

Segue il ritorno

1 nuvole di fumo


2  nuvole di fumo


La corsa venne decisa sul finire del rettilineo, all'entrata del paese.
Sanchez riuscì un paio di volte ad affiancare Landier che muovendosi da un lato
all’altro della carreggiata non gli dava strada.
Il catalano non si scoraggiò,
continuò a tampinarlo finché Landier, ormai stremato, sbagliò.
Era una
semicurva insignificante quella che immetteva nella piazza però il francese,
arrivato troppo deciso, troppo preso a difendere il primato, disegnò una
traiettoria errata. Venne infilato a sinistra da Sanchez che, superato di slancio il traguardo, fermò la vettura009b
e chiuse
gli occhi. Rimase in quella posizione per qualche istante. La folla  gli si faceva intorno festante. Lui, di colpo,
saltò giù. Sorrideva, elegante nella tuta grigia. Solo lo sbaffo, che aveva
sulla guancia, tradiva la sua impresa. Saluto Landier, si complimentò per la bella gara. Poi Iniziò a stringere mani, fare cenni
di saluto. Avanzava a fatica. Dopo
qualche minuto riuscirono a portarlo sul palco. Non si era scomposto. Mostrò
la coppa, i fiori, con malcelato orgoglio. Riuscì pure a imbastire un ringraziamento in italiano.


La folla
lo adorava. Molti avrebbero voluto essere al suo posto. Un ragazzino,
posizionato nelle prime file, decise di tentare la sorte. Quella sera stessa si
unì alla carovana della corsa.


Il buio era sceso precoce. Solo la luna vegliava sul trasferimento del gruppo. Rico aveva trovato posto sulla macchina di un meccanico.
Il paese si allontanava dietro di lui e il suo pensiero, l’unico, era che
voleva tornare, un giorno, ricco di quella fama e  di quel successo. Applausi e baci, motori che
rombano nel silenzio che precede la partenza, nuvole di fumo a seguirlo.
Ragazzino
venuto dal nulla e pronto a sfidare il mondo.

sabato 13 ottobre 2007

Sophie

In un tempo
lontano, viveva Sophie. Una ragazzetta resa sciocca da troppo sogni,
avrebbe detto sua madre. Una donna capace di volare, direi io che non
l’ho mai incontrata. Mi sono fermato prima. Eppure quel prima, fatto
dei racconti di chi l’ha conosciuta, delle pagine che lei ha scritto: mi hanno aperto il suo mondo. Reso familiare da parole  percepite intorno a me,  fin da quando son nato.


Sophie che la vita
era già scritta. Sophie che doveva solo trovarsi un buon partito e fare
figli. Sophie  al resto non doveva pensare. Sophie, senza un futuro
solo suo. 


Certe persone il destino lo voglion comandare, altre lo subiscono e basta. Sophie voleva solo seguire la sua corrente. Fatta di libri, viaggi e di quel lieve dolore che la prendeva quando doveva rinunciare. E giorno dopo giorno,  le rinunce diventavano una tortura,  il dolore si faceva più forte. Diventava impossibile non ascoltarlo.

venerdì 5 ottobre 2007

nuvole di fumo percorrevano la strada

prima


La piazza era gremita. Sul palco,
montato in fretta il giorno prima , già stavano il Sindaco e l’Assessore.20041028224110_19883alfa_romeotipo1
Erano
stati designati a premiare il vincitore.
Indossavo il vestito buono, quello delle grandi occasioni. Mario provò a farsi
largo tra la folla. C’erano persone di ogni età. Bambini, a stento, tenuti a freno dalle
maestre. Diversi uomini che  avevano sottratto qualche minuto al lavoro,
per assistere all’arrivo. Gli anziani sembravo i più interessati, pensavano di
aver visto tutto e serbavano la speranza di essere smentiti. Per le donne si  era rivelata  una buona occasione per qualche confidenza,
che diversamente non c’era mai tempo.


Notizie della corsa passavano di
bocca in bocca, assumevano i colori della leggenda. Si spezzavano e ricucivano
in nuove forme. La gara si era animata all’improvviso. Paul Landier aveva sferrato un attacco al settantesimo
chilometro. Si era portato in testa e sembrava pronto alla fuga. Aveva lui la
macchina migliore, dicevano gli esperti. I giornali del mattino lo davano per
favorito.  Naturalmente lui ci credeva,
era convinto della sua forza. Premeva l’acceleratore e scrutava la strada che aveva davanti, quasi
a volerla ingoiare, tanta era la voglia di essere il primo. I troppi pensieri
lo tradirono. Non si rese subito conto
che una vettura rossa gli stava dietro. Prima più lontana, poi chilometro dopo
chilometro gli si faceva sotto, lo pressava. Era Sanchez  «sempre lui». Già una volta gli aveva dovuto
cedere il passo. Ora, no pensò mentre avanzava veloce. La strada era una serie
di curve mal disegnate. Bastava un po’ di attenzione pensò. Sanchez gli stava
dietro curva dopo curva, poteva sentire il suo fiato sul collo.  Percepiva a pelle la sua tranquillità e si
sentiva ancora più a disagio.

martedì 2 ottobre 2007

nuvole di fumo percorrevano la strada


la rendevano mistero di un istante


seguiva  il ritorno


Le auto sf009brecciavano veloci. Mario fece appena in tempo a riconoscere Jose
Sanchez. Berretto da pilota, occhialoni a coprirgli metà del viso, una sciarpa
bianca intorno al collo. Il suo bolide rosso spiccava in mezzo al gruppo. Giovane catalano, di buona famiglia e pessime abitudini,  si divideva generosamente tra cronaca sportiva e mondana. Era
stato avvistato in costa azzurra, con una ricca ereditiera, giusto la settimana
prima. Vinte un paio di gare in Nord Europa, ora provava a conquistare
l’Italia.


Durò pochi istanti, poi fu  solo polvere che si allontanava.


Mario rimase sorpreso
dall’inquietudine che lo prese. Il frastuono dei motori, il fumo che invadeva
la strada, le urla della gente impegnate a incitare i piloti. Ciò che aveva
visto non gli bastava. Corse a perdifiato fino a Rocca dei Massi. Li vide dall’alto. Seguì  la scia simile al movimento, suadente,  di un serpente. Gli piaceva. Di questo era
sicuro. Il tracciato era ancora lungo e insidioso. Decise di andare in città.
Avevano fissato il traguardo sulla piazza principale….


foto tratta da: www.sapere.it

domenica 30 settembre 2007

Ciao Adele

ciaoadele

Adele ci ha lasciato. Il suo ricordo corre di blog in blog, in una rete sconfinata che l'ha vista protagonista con la sua umanità.


Mi ha rattristato molto leggere della sua scomparsa, tutti insieme mi sono venuti in mente i ricordi che ho di lei.  Sensibile, gentile,  solare nonostante le difficoltà.


Pubblico qui sotto  una poesia di Adele e il banner che ho copiato nel blog di Giulia.


Potete leggere i suoi post, la sua storia sui  blog che Adele ha aperto su La Stampa: 


http://adele07.blog.lastampa.it/easy_rider/
http://avventuredidonna.blog.lastampa.it/



Giovedì, 11 Marzo 2004



TUTTO FINISCE


Tutte le vite finiscono con la morte,
Tutti gli amori finiscono col distacco.
Tutte le felicità finiscono in pianto.
Tutti i piaceri finiscono in delusione.
Tutti i viaggi finiscono alla méta
Tutte le compagnie finiscono col saluto
Tutte le famiglie finiscono in disgregazione
Tutte le salite finiscono con la discesa.
Tutte le guerre finiscono in perdita.
Tutto ciò che ha un principio
ha anche una fine
e la fine non è mai piacevole.
Ci si affeziona e si abitua anche al dolore.
L’uomo soffre quando sente mancare qualcosa
alla quale è abituato.
La più spaventosa perdita però
è quando svanisce l’ultima speranza
perchè dopo questo
c’è la disperazione
che ci tortura finche ci uccide.


Adele07    (Easy Rider)

venerdì 28 settembre 2007

Notte

I sogni che si portava appresso erano difficili
da sopportare. Li aveva occupati la guerra e non li voleva restituire.


Così, ogni notte, sapeva che lì sarebbe tornato.
Il bambino, il fuoco e le macerie. Lui correva disperato però non riusciva ad
arrivare in tempo. Oscuro testimone, urlava con quanto fiato aveva in gola come
se in quel urlo potesse rinchiudere tutto l'orrore e la disperazione che
provava. Poi si svegliava, madido di sudore.


Era ancora notte, rifugio e minaccia, solo che
lui non aveva più sonno. Trascorreva le ore che restavano guardando il soffitto
e cercando di non pensare. Almeno questo.

Redtshirt


SERENDIPITY è con il
popolo birmano
contro ogni forma di violenza.



sul blog cattiva maestra trovate il codice html  da utilizzare per riprodurre questa immagine

giovedì 27 settembre 2007

Rotonda


casa Una
delle tante disseminate tra un paese e l’altro. Niente mare. Niente
sole. Solo alberi spogli su cui si posa la nebbia. Fiori impolverati ai bordi della strada.


Un vecchio si muove
sull’asfalto senza prestare attenzione a niente. Autisti suonano il
clacson cercando di scansarlo. Metri a passo d’uomo quando due auto si incrociano in senso inverso. Lui ne uno sguardo ne un lamento. Lo sguardo sui suoi passi, la mente altrove.

mercoledì 26 settembre 2007

Si facesse gli

Non
si riusciva bene a capire perché avesse voluto tirar fuori quella
vecchia storia. Nessuno ne parlava più. Pure i genitori della ragazza
in qualche modo si erano dovuti rassegnare.


Michele, il figlio del portiere,  era
un ragazzetto sveglio. Scrutava le persone in un modo tutto suo. Dava
quasi l’impressione di volerne scovare i segreti più profondi. Si
vedeva che non era nato dal lato giusto. Pure lui se ne era reso conto.


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Da un paio di settimane aveva iniziato a cacciare in faccia alla gente strane domande. Lo faceva senza preavviso. In
mezzo alla conversazione infilava punti interrogativi che mettevano a
disagio i suoi interlocutori. Certe volte li spingeva al silenzio. Poi,
con naturalezza, cambiava argomento. Fingeva di non aver visto lo scompiglio creato. Stemperava e registrava le impressioni, i gesti di un momento.


Perché tutto questo? Non si capiva bene quale fosse lo scopo.


A casa di Michele iniziò ad arrivare una strana corrispondenza. Messaggi, senza partenza
e senza arrivo, venivano furtivamente infilati sotto la porta. Lettere
ritagliate con perizia sconsigliavano ulteriori intrusioni. Meglio
pensasse alla sua vita. Finchè ne aveva una.


S’intende.


Il primo messaggio
l’aveva accolto con un sorriso. Stava seguendo la pista giusta. Non
l’aveva sfiorato il pensiero del pericolo.


Un paio di giorni
dopo arrivò un’altra missiva. Sempre sullo stesso tono. Caso volle che
la trovasse sempre lui. I suoi genitori erano all’oscuro di quanto stava accadendo e a lui stava bene così.


Dopo la terza inizio
a pensare a un qualche modo per tutelarsi. Era un affare pericoloso.
Meglio non scordarlo. Con questo pensiero uscì di casa. Si avviò verso il bar. Trascorreva lì le giornate da quando era stato licenziato.


Era scesa la sera. La cena era
pronta. Una madre attendeva suo figlio. Occhiate furtive all’orologio ne
tradivano la preoccupazione. Un’ora e poi due. Michele era in ritardo. Lo disse
al marito. «Tranquilla, ormai è grande. Vedrai che torna presto» . Lui  la
rassicurò così. Almeno ci provò ma lei sentiva che qualcosa non andava.


Albeggiava quando tiro giù dal letto il suo uomo. «Dobbiamo denunciare la sua scomparsa». Non ammise repliche.
Non quella volta. La cosa non fu presa subito sul serio. In fondo era
maggiorenne. Capitano spesso di queste cose. Non è il caso di
allarmarsi. «Certo non è mica loro il figlio» E lo disse pure al
commissario che dava segno di non darle troppo ascolto.
Poi, in un cassetto, furono trovate le lettere minatorie. Le indagini
presero piede. Vennero organizzate perquisizioni in alcune case del
paese, perlustrati i boschi. Appelli alla tv «Michele torna a casa».
Prime pagine sui giornali «Chi sa parli». Titoloni che riempivano di
curiosità. Un giorno dopo l’altro. L’abitudine si insinuò nelle
indagini. Nulla di nuovo. Terze pagine, il fondo. Poi il silenzio.


Michele Sarpi rimase un punto interrogativo male speso.

lunedì 24 settembre 2007

Quale occhio può cogliere l’errore?

La campagna No Anorexia ,
lanciata dal  marchio Nolita fa
discutere. Oliviero Toscani ne ha curato la realizzazione. Le immagini sono shockanti.
Una ragazza vittima dell’anoressia si  mette a nudo di fronte all’obiettivo.


Le fotografie saranno pubblicate sui quotidiani e affisse nelle principali città
italiane in contemporanea con la settimana della moda milanese.


Oliviero
Toscani dichiara: “Sono anni che mi interesso al problema dell’anoressia. Chi
ne è responsabile? La comunicazione in generale? La televisione? La moda?
Quindi è molto interessante che finalmente proprio un’azienda di moda abbia
capito l’importanza del problema, ne abbia preso coscienza e con coraggio si
esponga in questa campagna.” Toscani aggiunge di essere pronto alle critiche
che qualcuno solleverà per la crudezza delle immagini proposte: “C’è una
bellezza nella tragedia. Il paradosso è che ci si sconvolge davanti
all’immagine e non di fronte  alla
realtà. Io ho fatto, come sempre, un lavoro da reporter: ho testimoniato il mio
tempo.”


Fonte Tgcom


L’Aba, Associazione per lo studio e la ricerca
sull'anoressia e la bulimia, si dice indignata riguardo tale iniziativa. Mette
in guardia contro il rischio emulazione. Le immagini possono generare  invidia in ragazze anoressiche il cui obiettivo
rimane essere le più magre. Non è una campagna, come questa, la soluzione, afferma l’associazione,
è meglio rivolgersi a centri specializzati.


Le prime critiche sono arrivate.
I dubbi ci sono. L’anoressia è una malattia seria che colpisce milioni di
persone. Come prevenirla, come curarla sono domande a cui è difficile rispondere.


E’ giusto chiedersi, in una
società basata su immagini effimere, come è la nostra, se una foto, per quanto drammatica,
 possa riuscire a toccare il cuore delle
persone, farle riflettere, senza preconcetti, su abitudini e stili di vita. Una
ragazza anoressica, probabilmente,  non riesce a
rendersi conto della gravità delle sue condizioni. Non può cogliere il
messaggio di questa campagna. Quale occhio può  cogliere l’errore? Trovare il
modo di  cambiare i modelli, migliorare le
condizioni di vita di milioni di persone?


Questa campagna serve? non serve?
Si parla di anoressia e questo è un passo però altri devono essere  fatti per cambiare una realtà tragica che vede molte persone annullarsi in nome di
ideali di perfezione inumani.

Roma -Juventus 2-2

Ieri si è giocato Roma –Juve, la
partitissima attesa da giorni, tutti i pronostici erano favorevoli ai
giallorossi. Io chiedevo una partita combattuta, solo questo, un risultato non  riuscivo a ipotizzarlo.


Sono stata spiazzata dalle tre
punte messe in campo da Ranieri. Mi sembravano una pazzia.


22
Il goal di Trezeguet. Buon segnale calpestato
dai due goal romanisti. Non restava che aspettare e sperare. I minuti che
scorrevano. I dubbi riguardo una difesa molto approssimativa, tenuta su da un grande
Buffon. Le occasioni mancate. Il rigore sbagliato da Del Piero era il classico
bicchiere vuoto in cui si potevano annegare le delusioni, i rimpianti.


A pochi minuti dalla fine giunge
il momento, quello che quasi non osi aspettare, quello in grado di drizzare una
giornata: poderosa rimessa di Chiellini e capocciata di Iaquinta. Goaaallll


Si torna da Roma con un risultato
positivo, con nuove speranze e alcune preoccupazioni, le condizioni di Andrade
in primis.


Apprezzo il coraggio mostrato da
Ranieri e dalla squadra. E’ giusto crederci sempre.


 Foto  La presse tratta da www.juventus.com


100 goal di David Trezeguet in serie A  Bravo!

venerdì 21 settembre 2007

La Ferrari è nuda

La Mc Laren viene processata per
spionaggio nei confronti della Ferrari. E' condannata all'azzeramento dei
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punti nella classifica costruttori. La Fia pubblica i verbali relativi alla
sentenza. Annerisce le parti relative ai dati tecnici. Peccato che copiando il
testo da Pdf a word fosse possibile  leggere i dati sensibili relativi
alle due scuderie e  alle persone coinvolte. Il testo ora è stato
sostituito da uno non più decifrabile. Tutte queste informazione, i
"segreti" Ferrari  però ora circolano liberamente su internet.


Con tutte le parole che sono state dette riguardo la spy story questa notizia ha il sapore di una barzelletta. E ora? Processo
contro la Fia? o riabilitiamo la Mc Laren?


Non è la prima volta che accadono situazioni di questo tipo. Mantenere il segreto in rete sembra diventata una missione impossibile.


La Fia pubblica i verbali, Ferrari senza veli sul web


Foto adnkronos

giovedì 20 settembre 2007

mai più tu

   Perduto amore si specchiò nella sera e scomparve
   Inutili furono i richiami, le suggestioni

   Non restarono neppure i
ricordi a farle compagnia


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martedì 18 settembre 2007

Vento

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Cambia il vento ma noi no
e se ci trasformiamo un pò
è per la voglia di capire chi non riesce più a parlare
ancora con noi


Quello che le donne non dicono - Fiorella  Mannoia

lunedì 17 settembre 2007

Una parte di me 4° e ultima parte

Una parte di me


una parte di me (1)
una parte di me (2)
una parte di me (3)


Si rinchiuse in casa per settimane, quasi fosse morta anche lei. Alcune
persone erano venute a conoscenza 100_4381del suo rapporto con Giorgio. Tacevano per
pietà. Il rischio di rappresaglie era ancora alto.
  Qualche donna preoccupata per le sue
condizioni, andava a trovarla. Offriva il suo aiuto. Gina le allontanava, ferma e gentile diceva che
voleva rimanere da sola. Fu in quei
giorni, trascorsi nel dolore più cupo, che si rese conto di non esserlo più. Io
stavo crescendo dentro di lei. Le procuravo i giramenti di testa, le nausee.
Quel malessere che attribuiva all’abbandono.  Fu per me che decise di essere felice. Se lo
ripeteva con tanta convinzione che a un certo punto le riuscì quasi  possibile crederlo.


Si, lei era felice. La guerra era finita e la sua gravidanza si faceva
più evidente. Passò qualche mese, io vidi la luce a settembre. La tenevo
impegnata chiedendole attenzione. Le rimane100_3888_2va poco tempo per pensare a mio
padre. Gina voleva disperatamente essere felice per se e per il suo bambino che
non sapeva come sfamare. In quei giorni pensò a un modo per
mantenerci.  Decise di far diventare la
sua casa un’osteria. L'aprì nei primi mesi del  ’46 e il futuro a  Gina sembrò  possibile. Il locale era caldo, accogliente.
Ci si andava per giocare a carte, parlar di politica. Le comari, di mattina, vi
acquistavano il sale e il caffè. In quel
luogo avevano l’impressione di sentirsi ancora vivi, la solitudine pesava meno
e chi voleva, poteva far finta di essere informato. La radio era giunta l’anno
prima, nuova fiammante, faceva bella mostra di sé sulla mensola. Usata con
parsimonia. Percepita ancora come un
piccolo lusso. I giornali, seppur con
ritardo, facevano la loro regolare comparsa.


Tante cose erano cambiate dopo la guerra. Il paese sembrava ripiegato su
se stesso. Preda di
mille abbandoni. I vecchi si riunivano sull’uscio per
divagar della vita passata. Molti
giovani erano 100_4018
lontani. Rivivevano nei
racconti dei parenti a cui li legava un filo fragile, fatto di lettere sempre più rade. Giungeva, ogni
tanto, qualche telefonata consumata in
fretta, nell’osteria, l’unico posto attrezzato. Quasi a ogni ora, si percepiva
un leggero brusio. Telefonare
costringeva a portarsi una mano sull’orecchio ed alzare il tono. Serviva per le
cose urgenti, costava. Diventava il regalo di chi stava in città, perso in
frenetici ritmi che lo spingevano a scrivere sempre meno. La gioia, per chi restava, era in una voce
che suonava meno conosciuta, in una quotidianità giusto appena sfiorata dopo che si era persa
nella lontananza. Per il resto c’erano le cartoline, i telegrammi scritti per
necessità o le lettere-riassunto di una vita che scorreva altrove.


Gina non sarebbe mai partita, solo
lì aveva conosciuto la felicità. Le sembrava il posto giusto dove crescere suo
figlio. Si sentiva utile in quel luogo. La gente con lei si confidava. 100_4087Mi
ricordo, quasi fosse ieri, le signore anziane che dividevan con lei le loro
pene, stanche per il peso della solitudine. Le era sempre riuscito facile ascoltare. Quasi come respirare. Sentiva il peso e la voglia dei ricordi. Come fossero un
bene prezioso da riporre con cura, da conservare. «Sono una parte di me»
rispondeva a chi le chiedeva il perché
di tutto quel attaccamento al passato. Il
suo conforto e la sua condanna. Non c’era bisogno di dire altro. Chi provava a
capire, capiva. Gli altri si zittivano, poco propensi ad accettare quella spiegazione e allo stesso tempo
incapaci di continuare a conversare. Io semplicemente l’amavo. Era mia madre. Il suo sorriso e le sue storie mi
fanno compagnia ancora oggi.
Sono il bene più prezioso.


fine


Ringrazio chi è giunto
fino a qui. Era la mia prima esperienza con un racconto di queste dimensioni.
molte cose sono ancora da correggere, da migliorare. però è un inizio e di
questo sono contenta




sabato 15 settembre 2007

Il mare e..

Quando fuori piove vado al mare. Dolce e salato si confondono sulla pelle. La sua voce sembra più chiara. Mi siedo sulla spiaggia e ascolto. I piedi piantati nella sabbia. L’asciugamano sulle spalle.
Il freddo prova ad assediarmi.
Trascorrono i minuti. Gli occhi si riflettono nell’acqua. I capelli si perdono nel vento.  Mi chiedo se questo basta a spiegare il perché sono lì.
Il mare.
Il resto no, non ha più importanza


tempesta 2immagine tratta da www.rivistadelmare.it


 

giovedì 13 settembre 2007

mercoledì 12 settembre 2007

Una parte di me (3)

Il tempo ricominciò a scorrere. Gina tornò a sentirsi sola. Giorgio era il conforto. Il pensiero di ogni
giorno.  Alcune  lettere spezzavano il silenzio. Era stato spedito
lontano. Almeno per il momento non poteva tornare. Però la pensava. Glielo
ripeteva in ogni messaggio.  Un filo li
legava. Gina ne era convinta. Aveva una ragione in più per sperare nella pace.


Lo rivide dopo quasi un anno. Era
autunno inoltrato, cadeva la prima neve.
Il buoi era sceso presto. Sentì bussare alla
porta. Si spaventò. Scese giù dal letto,
si avvolse nello scialle ed andò ad aprire. Faticò a riconoscere Giorgio nell’uomo disfatto che aveva davanti.
Sembrava invecchiato. La barba era lunga. I vestiti avevano visto tempi
migliori. Gina lo abbracciò. Gli fece
segno di entrare in casa. Non voleva corresse rischi. Si raccontarono i mesi
che avevano trascorso lontano. Seduti davanti al fuoco, mentre la notte si
faceva più scura, venne il momento in cui le parole divennero inutili. Annullarono la lontananza. Le
preoccupazioni non ebbero più spazio. Il tempo fu cosa loro e basta, trascorso
come giovani d’un tempo migliore.


Salutarono insieme l’alba. Lui aveva fatto
diversi chilometri per raggiungerla, dovette ripartire. Le promise di tornare
presto e così fece, appena poteva, nei momenti più inaspettati, faceva la sua
comparsa. Cercavano, nonostante l’amore, di essere prudenti.  Iniziarono a parlare di matrimonio, di
stabilità. Quasi fuori posto quei pensieri, nel mezzo di una guerra che non
sembrava avere fine. Giorgio le diceva «Ci sposeremo quando tutto sarà finito,
vedrai come sarà bello celebrare il nostro matrimonio in pace». Gina annuiva. Quando
si vedevano giocavano a immaginare il loro giorno speciale e abbracciati
trascorrevano il poco tempo che era loro concesso. Ne emergevano felici, quel pensiero li
spingeva a guardare avanti. 


100_3888La primavera aveva preso il posto dell’inverno. Faceva caldo. Era un
banale giorno di marzo. Uguale a tanti altri. Gina stava lavorando nell’orto
quando vide Mario, il migliore amico del suo uomo. Un ragazzone alto e
dinoccolato, sempre allegro.  Le venne incontro dicendole che Giorgio era stato ferito in un’azione,
giù sulla strada provinciale, una
raffica di mitra lo aveva preso di striscio. Lo stavano medicando.


   
Non
era mai stato bravo a mentire. Gina gli prese le mani e gli disse solo
«Dov’è?» fissandolo negli occhi. Mario non riuscì a sostenere il suo
sguardo. Fece un segno con la mano «in cielo» le disse  a mezza
voce. Dalla ragazza non uscì alcun suono. Era come se si fosse spenta.

martedì 11 settembre 2007

Una parte di me (2)

- Una parte di me - (1)


Un giorno non ce la fece più. Decise di tornare. La guerra era scoppiata
da qualche mese. La città non più sicura. Gina aveva risparmiato un po’ di
denaro. Sperava che potesse bastarle per qualche tempo. Almeno fino a quando
fosse riuscita a dare una direzione più sicura alla sua vita.


Si era riscoperta innamorata della
sua casa. Poco per volta la riportava alla vita, dissolvendo la polvere e il
senso d’abbandono che vi aleggiavano. Diversi anni erano trascorsi da quando era
partita. I vicini la chiamavano la
cittadina
. Erano gentili ma quel soprannome la metteva a disagio. In quel
100_3915
periodo incontrò Giorgio.  Aveva un paio
d’anni più di lei. Quando erano bambini si erano quasi ignorati. Si offrì di
darle una mano per i lavori più pesanti. La fece sentire meno estranea.
Gina aveva ritrovato la serenità, le
radici la rendevano più sicura. Lei e Giorgio si sostenevano l’un l’altro.  Nacque un’amicizia che si fece, con il
tempo, più profonda.  Si vedevano quasi ogni giorno. Lui era
maestro, svolgeva il suo lavoro con passione, i bambini lo adoravano.


La guerra continuava. L’incarico a
Badoglio  aveva fatto sperare nella pace. Presto però  si era capito che poche cose erano cambiate. Le notizie arrivavano con
ritardo.  L’8 settembre colse molti
impreparati, si viveva alla giornata, diventava difficile fare previsioni. Giorgio  decise di andare in montagna, voleva aiutare la sua gente. Quando Gina lo vide, la sera in cui partì, sentì
che nulla sarebbe stato più  come prima. Non
glielo disse. In realtà furono poche le parole. Un soffio i minuti trascorsi
insieme. La preoccupazione era l’ospite ingombrante che non riuscirono a
scacciare.

sabato 8 settembre 2007

In mezzo ai ricordi sta il cuore

  100_4015forse                                                                                          
                                                                                                    

venerdì 7 settembre 2007

- Una parte di me -


Gina era alta, appena un po’ robusta. I capelli neri e folti. Due occhi
azzurri puntati sul mondo. Aveva un’aria decisa e risoluta. Inusuale in donne
della sua età. Più comprensibile per chi conosceva la sua storia.  Era cresciuta con una zia,  nella vecchia casa arroccata all’inizio del
paese. Quella che un tempo era stata una 100_3888_2famiglia numerosa, si era ridotta a
loro due sole, unite nel condividere il
ricordo.      Rare erano le foto appese alle pareti. Gli oggetti, testimoni degli
affetti più cari, erano disseminati nelle stanze. Spunto per i racconti della
sera.   Le donne trascorrevano quelle ore
filando o rammendando gli indumenti.
Gina prendeva un oggetto, spesso fuori
moda e fuori tempo, rimasto su una mensola a riposare per anni e lo posava sul tavolo. Chiedeva alla zia «Di
chi era?» L’anziana lo fissava per un momento, assorta. Fosse un pettine, un
vecchio cappello, una pipa o chissà cos altro. Lo fissava per un momento e poi  iniziava «Si, io mi ricordo…» quasi sempre
erano queste le sue prime parole. Mentre il lavoro scorreva nelle  loro abili mani, si dipanavano anche i fili
della memoria. «Quel cappello era di tuo zio Fredu. E’ partito così, dalla sera alla mattina, per l’America. Ci
ha lasciato due righe, vergate in
fretta e via. Nostro padre non voleva, a quel tempo non si usava ancora fare così. L’America è lontana. I
vecchi non la vedevano di buon occhio. Non si può risolvere i problemi tutti d’un colpo – dicevano - meglio non
rischiare. Se proprio uno vuole
cambiare, la Francia è più vicina, conosciamo questa o quella persona....  Ma Fredu non ascoltava, aveva la sua testa, le
sue idee. Il paese gli stava troppo stretto. E’ andato a San Francisco. Si è
sposato lì, con una del posto….».


La ragazza aveva le sue storie preferite, quelle che non si stancava mai
di ascoltare. Un piccolo pettinino d’argento occupava un posto speciale nel suo
cuore. Era delicato, grazioso. La nonna l’aveva ricevuto in dono il giorno in
cui s’era sposata. Lo vedeva brillare  nella foto dei due sposi. Appena sbiadita,  era appesa sulla parete della cucina.  Due giovani, eleganti nei vestiti della festa,
l’espressione seria di chi sa di aver fatto una scelta importante. Guardavano a
un futuro che era ormai cosa passata. Le loro esistenze erano state scandite da
figli e fatica, si erano interrotte quando non avevano ancora settanta anni.
Erano stati felici? Gina pensava di si, né aveva la sensazione ascoltando zia Neta e i suoi ricordi di una famiglia
unita, anche nelle difficoltà.


Poi era rimasta sola. Non le sembrava possibile abitare in quella
casa. Aveva pensato che partire fosse la soluzione.
La città, il lavoro come
domestica. La mezza giornata di libertà trascorsa a camminare. Poco importava
la direzione, voleva solo muoversi, lasciare andare i passi e i pensieri,
liberi di seguire la loro strada. Il lavoro era faticoso ma alla sua portata. I
padroni gentili. Il programma da rispettare era rigido. Un sistema collaudato,
così lo presentava la signora alle sue amiche. Ne era orgogliosa. Gina no,
certe volte sentiva il bisogno di cambiare. «Dove sarebbe potuta andare?» In
nessun posto le rispondeva il suo lato razionale. In nessun posto. Il nuovo giorno che si apriva la vedeva lì, a
combattere contro domande che riaffioravano insistenti e contro il desiderio di
una vita diversa.


(continua)