mercoledì 28 novembre 2007

Santiago

Si chiamava
Santiago. Aveva scelto quel nome il giorno in cui aveva cambiato vita.


Abitava in
una cittadina del basso Piemonte. Il tempo  si muoveva al ritmo dei turni
in fabbrica: tre, pure la notte gli toccava fare. E non è che i giorni
fossero molto diversi l’uno dall’altro. Diventavano mesi e poi anni
lasciandolo sempre allo stesso punto.


D’estate il mare.
Bordighera la meta. Una settimana sempre. «Così tieni a bada le tue tonsille»


I genitori glielo
dicevano, le prime volte, con il tono solenne di chi sta somministrando una
medicina. Poi non ve ne fu più bisogno. Il bambinetto che era, si divertiva in
quella grossa vasca da bagno. Non si riusciva mai a regolare caldo e freddo, le
onde lo spostavano senza troppo riguardo però era bello. I genitori impararono
presto che il loro bambino teneva alle sue tonsille al punto da restare a mollo
ore e ore. Fino a che la pelle diventava squamosa e la madre, dopo averle
provate tutte, riusciva a cacciarlo fuori.


La lotta si
consumava ogni giorno.


«Fuori!»


«Non
prima..» La serie era lunga. «Non prima di aver toccato dieci volte la boa, non
prima di aver sfiorato il cielo nuotando a dorso, non prima di aver provato a
raggiunge la terra.» Quale? Dipendeva dagli anni...

domenica 25 novembre 2007

attesa

Gli uccelli non riuscivano a
stare in silenzio. Si muovevano inquieti per il cielo, oscuri testimoni della
battaglia che stava per aver luogo.


I soldati trascorrevano le
ultime ore pregando. Ricorrevano all'alcool e mettevano su carta i loro
pensieri. Il giorno che stava per nascere non poteva essere fermato. Due
schieramenti si dovevano fronteggiare. Molti uomini stavano per prendere
congedo.
Restava loro quel alba che li vedeva persi in mille pensieri, in
preoccupazioni che ne segnavano l'anima.


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domenica 18 novembre 2007

La Storia e la Memoria

Sabato mattina ho ascoltato la videoconferenza di Mario Rigoni Stern.  L’incontro dal titolo La
Storia e la Memoria
lo vedeva conversare con Paolo  Collo


Mario Rigoni Stern è un ragazzo
del ’21. Il suo primo ricordo legato alla guerra, la  Prima, è una bomba che trovò quando aveva due anni. Iniziò a
colpirla. La madre vedendolo con quel ordigno  svenne. Un parente gliela tolse di
mano. I colpi erano stati dati di lato, se avesse toccato la punta non avrebbe
potuto raccontarlo.


Molti suoi compaesani avevano
dovuto evacuare nel ’16. Dopo Caporetto si era dispersi per l’Italia e non
sempre erano stati  accolti bene. Il
paese durante la guerra era stato distrutto  dai bombardamenti. Lo scrittore era nato in
una delle prime case ricostruite. A quel epoca molte delle persone  che erano ritornate abitavano ancora in baracche. Il
municipio venne ricostruito negli anni ’20 e inaugurato dal  principe Umberto. Nel dopoguerra c’erano
ancora diversi prigionieri polacchi e slavi, nel loro paese d’origine non avevano
cibo. In Italia  recuperavano e seppellivano i cadaveri dei
soldati, raccoglievano le mine, i metalli, i resti della guerra.


Il metallo raccolto poteva essere
venduto così anche gli adulti e i bambini del paese a volte si dedicavano a cercarlo. Il rame valeva
di più, poi c’era la latta usata dagli austriaci, i metalli pesanti usati da
americani e inglesi.  Capitava, anche a
distanza di anni, di trovare i resti dei caduti. Italiani, austriaci, migliaia di
persone morirono su quelle montagne e molte non trovarono sepoltura. I bambini,
quando capitava loro di trovarne qualcuno, nel mentre che stavano giocando nei boschi, non si impressionavo più di tanto, faceva
parte anche quello della vita. Avvertivano i responsabili che procedevano poi a
seppellirli. Lo scrittore ricorda che quando era bambino non aveva bene la
coscienza della guerra che c’era stata.


 Caporetto
aveva rappresentato una
svolta anche nel modo di considerare i soldati. Dopo il 24 ottobre 1917
si
iniziò a trattarli come persone, dando loro un rancio migliore e
cercando di
non metterne in pericolo la loro vita inutilmente. Il bollettino di
guerra, pubblicato dopo Caporetto, descrive una sconfitta, le
responsabilità sono attribuite ai soldati. In realtà furono le
decisioni prese dal generale
Cadorna  a causare la disfatta. Il generale
non fu in grado di comprendere una guerra combattuta in maniera nuova,
senza
più le caratteristiche dei conflitti ottocenteschi. Ai soldati non
restò, in
quel frangente, che ritirarsi combattendo.


 Negli anni ’30 Mario Rigoni Stern
era un bravo sciatore. Nel 1938 si iscrisse alla scuola militare d'alpini smo di Aosta, voleva
diventare ufficiale. Molti suoi insegnanti avevano partecipato alla Grande
Guerra.


Lo scrittore ricorda che quando
iniziò la seconda guerra mondiale il rancio era ancora quello della prima.
Sulle scatolette era stampigliato 1918. Nella prima fase si era combattuto contro
la Francia. Gli italiani durante le azioni andavano a recuperare anche le gallette dolci, il miglior rancio
francese.


Rigoni Stern è uno dei reduci della ritirata
di Russia. Aveva combattuto, era stato promosso. Alla fine della guerra decise di abbandonare la carriera
militare. Molti
non erano tornati e certe volte lui aveva il rammarico di avercela fatta.


Lo scrittore ricorda
le visite all'amico Nuto Revelli, le passeggiate in montagna, nel cuneese.
L'incontro con l'ultimo abitante di una borgata impegnato, quando già
cadevano i primi fiocchi di neve, a togliere patate. Morto lui, non vi
fu più nessuno. Rimase una chiesa con la porta semiaperta e la cornetta
di un telefono che penzolava. Rigoni Stern parla di valli disastrate
ormai piegate da uno  spopolamento a cui diventava difficile porre
rimedio.
L'amore per la natura affiora nelle sue opere. Lo scrittore afferma l'importanza di curare i boschi che  pur non dando un
ritorno economico immediato sono necessari e, quando ben curati, utili
nel prevenire gli incendi.


A una platea composta
in buona parte da studenti  si rivolge  dicendo "Chi cerca un lavoro
non lo trova, chi sa fare ne trova tre"  Emerge l'importanza della fatica,
del conquistare le cose anche con sacrificio evitando di abbandonarsi a uno
sterile consumismo. Lo scrittore dice di avere fiducia nei giovani.
Si apre anche un piccolo dibattito con il pubblico in sala. Una signora
interviene parlando di uno zio disperso in Russia. Questa tragedia,
respirata in casa  fin da quando era  bambina, l'ha spinta a raccogliere
le testimonianze di chi è tornato. Pensa che la memoria passi
attraverso l'emozione. Un insegnante chiede come si farà a trasmettere
la memoria quando la generazione che ha vissuto quei fatti non ci sarà
più e mancherà anche la generazione successiva, quella dei figli. E'
importante ricordare per far sì, come diceva Primo Levi, che certi
fatti non si ripetano.  Leggere le testimonianze di chi quel periodo la
vissuto.


L'incontro finisce e
io mi sento un pò commossa, felice di aver potuto ascoltare e avere
nuovi spunti di riflessione. Fino a ieri non avevo letto alcun libro di
Mario Rigoni Stern. Ho pensato che era arrivato il momento di inziare.
Da quale? La scelta non è stata facile. Ho sfogliato libri più  e meno
noti. Leggendo  trame, osservando copertine, sono giunta a Le Stagioni di Giacomo. Mi sembrava la giusta continuazione di quanto avevo ascoltato o meglio: il giusto inizio.

Dritto al cuore, senza pietà

Megan aveva 13 anni, soffriva di
depressione. Da quando aveva incontrato Josh su MySpace era cambiata. Aveva un
amico. Era più serena. Il ragazzo le aveva detto che non aveva telefono e non
andava a scuola. Ogni giorno conversava con lui su internet. Poi un giorno Josh
le dice che non vuole più essere suo amico, ha saputo in giro che è una ragazza
crudele. Megan non è più serena. Lo spettro della solitudine, i messaggi
carichi di insulti, nei suoi confronti,  che iniziano a circolare su
internet   sono  un brutto colpo. Dopo poche ore Megan si
impicca nella sua camera. I genitori la ritrovano ormai prima di vita.


Si scopre, dopo qualche
settimana, che Josh non esiste. La madre di una compagna di scuola di Megan, la
figlia e un amica avevano creato il falso profilo su MySpace. Raccoglievano le
confidenze di Megan e le usavano per prenderla in giro. Queste donne non
verranno punite, non esiste una legge che può incriminarle.


Rimane la sensazione di un atto crudele. Una cattiveria gratuita realizzata giocando con la fragilità di un adolescente. Persone adulte hanno spento la coscienza e agito, dritto al
cuore, senza pietà.


Notizia tratta da tgcom

sabato 17 novembre 2007

Scrittorincittà 2007

Cuneo - Mi sto appassionando a questa manifestazione giunta alla
nona edizione.  A Cuneo dal 15 al 18 novembre.


2007 - In questo preciso momento da questo tema si parte per una serie
incontri, dibattiti in cui gli autori si confrontano e coinvolgono il pubblico
con riflessioni su temi d'attualità. Spesso diversi, complessi, in grado però
di arricchire per quella spinta che danno nel guardare, con occhi diversi, ciò
che ci circonda. Nel cercare la profondità.



Mi aggiro incuriosita nella libreria, pronta a conoscere nuovi autori, nuove
storie. Prendo in mano i libri, leggo le righe di copertina, poso, vado avanti
e a volte, capita, rimango conquistata.
il programma degli incontri qui

martedì 13 novembre 2007

Lo Stato è un gioco di squadra

La libertà deriva dalla
consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri. Gli uni e gli altri sono
importanti però, spesso, vengono ignorati.


Lo Stato è un gioco di squadra.
Ognuno ha un ruolo, una funzione da rispettare. Così si vincono le partite.
Quelle che si giocano in campo e le altre. Lo Stato perde. I cittadini perdono. Scontato.


Quando si  dimentica il proprio ruolo   si
subisce goal. La rete fatica a  contenere
tutti i palloni. Non c’ è portiere che può salvare il risultato se manca la
squadra.


Prima si perdono le partite. Poi i campionati. Infine si retrocede. Sempre
più in basso.


L’allenatore non riesce a dare le
giuste indicazioni, l’arbitro fatica a far rispettare le regole.


I cattivi giocatori non vanno in
panchina. Così chi è in campo subisce un’impunità capace di tagliar le gambe. Prevale
la sensazione che basta essere furbi. Il gioco è stravolto. Niente schemi,
niente obiettivi. Sul campo si corre a casaccio senza imbastire azioni.


Ha buon
gioco l’avversario nel giungere davanti alla porta e segnare. Non trova resistenza.


Poi ci si ferma. Moviole e contro
moviole a spiegare azioni, analizzare le intenzioni,  stuprare le emozioni. Per i rimedi manca il
tempo, la voglia.


Si riprende, palla al centro. Un po’ più insicuri,
un po’ più rassegnati. Ognuno perso nel proprio pezzo di campo. A ricordar
moviole e perdere partire. 


I diritti, senza i doveri, si
perdono nel deserto.

lunedì 12 novembre 2007

amianto: la vergogna

L’amianto è stato utilizzato fino
agli anni ottanta come materiale di edilizia, nelle tute dei vigili del fuoco, nelle auto e nella costruzione di
cartoni, plastica e corde. E’ un materiale nocivo per l’ uomo


In Italia, il suo impiego,
è fuori legge dal 1992.  Permangono  problemi legati al suo smaltimento. Segnalo il  blog di  Feowyn su Splinder.


post: Fermiamo la vergogna


Lì potete legggere una testimonianza riguardo i danni e la sofferenza causati dall’amianto e vedere un filmato nel quale
viene ricostruita la storia dell’Eternit, fabbrica, che per anni l’ha
prodotto. A Casale Monferrato i problemi
legati allo smaltimento dell’amianto non sono  stati del tutto risolti. Il veleno continua a essere respirato dai cittadini.


Non si deve sottovalutare il
problema. E' necessario parlarne, farlo conoscere. Spero che vengano realizzati interventi per far cessare il pericolo.


A Feowyn esprimo la mia solidarietà

domenica 11 novembre 2007

Il calcio va dove lo portano gli ultrà?

Questa mattina è  morto un  ragazzo, aveva 26 anni. Andava a vedere una partita di calcio.   E' stato colpito da
un proiettile sparato da un agente. Molte cose sono ancora da chiarire, il
Questore ha parlato di "un tragico errore". Fa impressione, addolora questa
notizia. Mancano le parole per commentarla. Veramente terribile.


Era necessario decidere se rinviare o meno la
giornata di campionato. Come fare per garantire la sicurezza negli stadi? Non
sono decisioni facili da prendere. Giocare o non giocare. La gente come
reagirà? In momenti come questo si ha l'impressione che ogni decisione sia
sbagliata.
Rinviata Inter-Lazio, le altre partite iniziano con 10  minuti di ritardo.
Striscioni prima al contrario poi ritirati in segno di rispetto.  Clima
irreale negli stadi.


Gli ultra' atalantini non volevano si giocasse la
partita, l'avevano detto ad alcuni giocatori della loro squadra. Poi dopo il
fischio di inizio si è scatenato l'inferno. Fumogeni, un gruppo di persone tenta
di sfondare  le protezioni a colpi di tombino, calci e pugni. Doni e un
altro giocatore provano a calmare i teppisti. Nulla da fare. Gli ultrà minacciano che se si continua
succederà qualcosa di grave. La partita viene sospesa.


Roma-Cagliari è stata rinviata  a
causa dell'alto rischio sicurezza. Non è bastato. Tifosi romanisti e laziali,
uniti nei loro propositi di distruzione, si sono dati appuntamento nei pressi
dello stadio Olimpico e poi si sono dispersi per la città. Hanno dato fuoco a una camionetta della
polizia, assaltato caserme, fatto irruzione nella sede del Coni.   La
giornata è stata scandita da notizie di pestaggi nei confronti di
forze dell'ordine, cameraman, fotografi. Violenza organizzata, insulti urlati e
una città presa in ostaggio. Questa era Roma poche ore fa.  A Milano, nel pomeriggio, cortei e slogan contro i
poliziotti.


I teppisti
hanno sfruttato la morte di Gabriele Sandri per dare avvio alla
violenza. Quasi a riaffermare l’idea che gli stadi siano  zone franche,
dove sfogare i più bassi istinti. Non può essere così. Non deve essere
così. E’
difficile e al contempo fondamentale contrastare questi comportamenti
incivili e pericolosi.


Si devono fare indagini su quanto
accaduto questa
mattina. Stabilire le responsabilità e adoperarsi perché tragedie come
quella di cui è stato vittima Gabriele Sandri non si  ripetano. La
morte di un
ragazzo di 26 anni è una sconfitta per tutti. Diventa importante
riflettere,
fare autocritica, non fomentare l’odio. Penso che solo con il rispetto
di persone, regole e istituzioni  si possa sperare di cambiare le cose.

lunedì 5 novembre 2007

L’ombra dei piloti si staglia
sulla pista.

L’ultima curva, l’inutile
frenata. Le loro storie si dipanano nelle sere d’inverno quando il silenzio
del luogo permette di tornare e rivivere quel giorno. Provano a
capirlo, a sentirsene parte in quelle sere d’inverno che anima viva non si
trova. E' troppo il freddo, troppi i cattivi pensieri che
attraversano la mente  quando l’asfalto è silenzioso e si è lì, pronti a
seguirne le trame, quasi a sfidarlo, cercando di carpirne il segreto. Non c’è
verso di capire in quelle sere oscure, non c’è verso di essere capiti.


Il giro più veloce era
l’obiettivo del sabato. Aspettare con gli occhi incollati allo schermo il
segnale e poi partire. Questione di secondi, anzi meno. Una frenata ritardata,
una curva disegnata con tocco d’artista e tutto sembrava possibile. Troppo si
rischiava in quei pochi chilometri. Il destino di una corsa. Non si poteva
sbagliare. Poi c’eran giorni che il conto era più alto e oltre a tutto il resto
si perdeva la vita.  Faceva parte del gioco e  davan mostra di non
pensarci i piloti che a correre ci andavan lo stesso e correre era il
modo, vincere il sogno. Il resto lo si lasciava fuori.

domenica 4 novembre 2007

Juve-Inter 1-1

Non ho voluto fare pronostici.
L'attesa si sentiva. Bastava aprire un giornale, ascoltare la tv. Bastava
pensare a cosa è successo in questi due anni. Non era una partita come le altre anche se farla rientrare nella norma sembrava la strategia più giusta. E'
importante però in fondo in gioco ci sono 3 punti come sempre.


Ma non era così. Diventava un modo per spiegare che gli scudetti 28 e 29 erano stati
conquistati, sul campo, dai giocatori più forti. Diventava un modo per spiegare che l'essere
squadra, avere carattere contano di più di una panchina di trenta giocatori. Si
l'attesa c'era, inutile negarlo. La speranza  e il timore, la
voglia   e l'intenzione.








La Juventus è scesa in campo
determinata a fermare le azioni dell'Inter e ripartire, pressava e impegnava gli avversari senza riuscire a creare occasioni concrete
sotto porta. Gli ultimi 5 minuti sono stati una doccia fredda. Prima Cruz poi
un'altra ghiotta occasione per i nerazzurri. Difficile il rientro negli
spogliatoi.19juve_inter_2


La ripresa è combattuta.
L'ingresso di Iaquinta e Camoranesi cambiano il ritmo della squadra. Migliora
la qualità del gioco. L'italoargentino diventa protagonista delle azioni bianconere. Segna il goal  capace di sciogliere la tensione.


Il pareggio è il risultato che
rispecchia maggiormente quanto visto in campo. Non condivido i fischi a Ibra.
Penso che abbia perso quando ha scelto l'Inter. Non ha voluto scommettere
sulla Juve e su quanto fatto nei due anni trascorsi insieme. Peccato.


Apprezzo molto  Camoranesi che
sente l'impegno di ricostruire la squadra e vuole provare a riportarla sui
livelli del 2006.
Mi piacciono il cuore, il carattere della Juventus. Vuol crederci sempre e io non la cambierei con nessuna.


BRAVI!!


foto tratta dal sito www.lastampa.it


sabato 3 novembre 2007

Non più qui

Mario sedeva su una panchina. «Io
di qui non mi muovo» Lo diceva senza cambiare tono, né alzare la voce, con una
convinzione che spiazzava chi gli stava accanto.


Vecchio di anni e di fatica.
Vecchio di un dolore che si portava appresso da quando il figlio era partito per la Russia.


 Si era alzato presto quel giorno.
La moglie l’aveva lasciata a casa. Quando arrivò alla stazione le banchine erano
già occupate da tante persone. Genitori, mogli e qualche bambino spaurito, ragazze che fissavano in uno sguardo il loro amore.
Attorniavano i giovani in divisa. Alcuni avevano l’aria di ragazzini imberbi,
altri sembravano più navigati. Non potevano conoscere il loro destino e spesso non conoscevano neppure
la loro meta. Parole ne erano scorse tante, quelle non costavano nulla. Onore,
dovere, la divisa indosso e pronti a partire. Pochi mesi e poi il ritorno. Questo era quello che dovevano sapere.


Mario si fece strada a fatica in
mezzo a quella marea umana. Iniziò a gridare il nome del figlio, chiedendo ai
soldati indicazioni su dove trovarlo. Finalmente lo vide. Si sporgeva da un
finestrino. Fece un cenno di saluto.
Il figlio, che di nome faceva Michele,  scese a terra. Si abbracciarono. In mezzo a quel rumore
riuscivano a stento  a sentire le loro
voci.


Gli diede il pacco che aveva
preparato la moglie. Qualche indumento e un po’ di cibo. Farà freddo meglio
cercare di essere preparati. Non è il caso di fare gli eroi. Scrivi. Torna.
Solo questo.
Michele provò a rassicurarlo. Non era la
prima volta partiva, erano un gruppo numeroso. Bisognava sperare.


Si abbracciarono ancora poi il ragazzo salì sul treno. C’era un ultimo momento ufficiale. Infine, la partenza.


Rimasero tutti lì anche dopo che
la tradotta era partita, fino a che l’ultimo vagone sparì alla loro vista. Il
fumo, uscito a sbuffi, era diventato una
nuvola confusa nel cielo.
Lentamente si mossero, ognuno accompagnato dai
suoi pensieri, dalle sue preoccupazioni.

venerdì 2 novembre 2007

Il tempo di un sorriso nato male, questa è stata la nostra felicità. Ora non rimane più nulla.
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giovedì 1 novembre 2007

Buon Compleanno Juve!!

La Juventus nasce il 1 novembre 1897 su una panchina di Corso Re Umberto, a Torino. E' la squadra del cuore.
Enrico Francesco Canfari, cofondatore e secondo presidente della Juventus scrisse:


« L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un
impasto di sentimenti, di educazione, di bohemien, di allegria e di affetto, di
fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare. »
wikipedia 


Ho pensato di fare un  un piccolo viaggio nel tempo. Vivere, per un attimo, l'emozione di una partita giocata nel mio paese.
Il 24 maggio 1929 la Juventus disputò un
amichevole a Dronero. Su Il Quotidiano, il giorno seguente, venne
pubblicata la cronaca dell'avvenimento:


"Il match
“Juventus,, - “Pro Dronero,,


La fiorente «Pro Dronero»
che per iniziative sportive batte il record provinciale, ha saputo ed ha voluto
col match di ieri, presentare agli amatori del gioco del calcio, una delle
migliori squadre di divisione nazionale, pressoché completa in tutti i suoi
ranghi.
Combi,
Rosetta, Caligaris, Cevenini, Orsi, e altri giocatori i cui nomi rifulgono in
ogni partita, hanno dato un gradito saggio della loro alta classe, emozionando
il pubblico accorso sul meraviglioso campo dei rossi.
Modeste
in confronto di tali maestri eran le pretese della giovane volenterosa squadra
dei diavoletti, che dal match vollero più che altro trarre un saggio
allenamento ed una fruttuosa lezione di giuoco dai simpatici campioni
nazionali. Ciò non ostante essi seppero opporre ai valenti avversari tutto il
miglior entusiasmo e la giovanile foga dei loro uomini ottenendone anche in
premio un goal di mirabile fattura nel secondo tempo.
Ne
è a dirsi che gli ospiti abbian fatto pura accademia.
Gli
striscioni bianco-neri, anche in amichevoli partite di allenamento sono usi a
dare ogni impegno al loro giuoco e di tale tattica qualcosa ne sa il buon
Combi, che passato nel secondo tempo a rinforzare la difesa rossa, ebbe a
parare e… a tentar di parare numerose cannonate sparate vuoi da Civenini o da
Orsi.
Mentre
nel primo tempo i rossi stentatamente riuscirono a frenare la foga dei
juventini tanto da insaccare cinque goals, la ripresa ci fece assistere ad un
gioco più equilibrato e contenuto.
Lo
scambio del portiere e l’inclusione  di
Maradi ad ala destra diede modo ai rossi di tener più sovente il pallone e
minacciare parecchie volte la rete bianco-nera; non solo, ma in una azione
veloce Maradi riusciva a salvare l’onore della giornata scaraventando con uno
dei suoi buoni tiri il pallone in porta.
Altri
2 goals furono invece segnati dai torinesi.
Ospiti
ed ospitanti , dal numeroso pubblico accorso da Cuneo e dagli altri centri
della provincia si ebbero frequenti applausi durante e a termine dell’interessante
match.
Finito
l’incontro la presidenza della «Pro Dronero», con la signorilità che la
distingue, offerse ai giocatori tutti una sontuosa cena, durante la quale
l’allegria non fece difetto, suffragata dal più simpatico cameratismo.
Alla frutta si brindò alle glorie sportive juventine e a quelle droneresi auspicando
per esse il più brillante avvenire."


Foto tratta da wikipedia   squadra  del campionato 1925 /1926220pxformacin_juventus_fc_192526

Non perdono la sofferenza, il dolore.
Non perdono la paura che si insinua nel vivere quotidiano e rende la prudenza una gabbia sempre più stretta.
No, io non li perdono

28102007

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